Il pudore è la più grande cazzata che si sia mai istituita nella storia delle abitudini culturali, particolarmente, le abitudini culturali dell’Occidente. Dagli Elfi il pudore, inteso come copertura delle zone genitali e/o dei seni, praticamente, non esiste. Con questo non intendo dire che sono degli sciagurati, bensì sono semplicemente svergognati, nel senso letterale del termine, ovvero non hanno il senso della vergogna. Nella vergogna c’è, intrinsecamente, un senso di colpa, non voglio però entrare nel merito della questione metafisica del senso di colpa, ma evidenziare come questo sia stato arbitrariamente strumentalizzato al punto da essere stato il ricatto intrinseco rivolto verso le coscienze. Avere il controllo sulle coscienze vuol dire avere potere e questo, storicamente, filosofi-storici come ad esempio M. Foucoult lo hanno ben dimostrato, ed è ciò su cui i poteri politici ed ecclesiastici hanno fatto leva. Gli Elfi, così conformati alla Natura e non semplicemente rispettosi, non considerano la nudità una vergogna perchè in questo modo ci si vergognerebbe di come opera la Natura; essa ci ha fatti così come siamo e con tutti gli effetti che caratterizzano il nostro modo di essere e non si capirebbe il perchè dovremmo provare vergogna. Il pudore, costituitosi tramite abitudine culturale, ha messo le sue radici dentro di noi al punto da sembrarci assurdo scoprirci nella nosra semplicità o comunque fare cose che normalmente e per educazione non si fanno pubblicamente, ma che comunque tutti facciamo privatamente, qui non mi riferisco solo ad un discorso sessuale, ma anche a quel fare che viene definito da maleducati se lo si fa appunto pubblicamente, intendo quel “darsi delle arie”, in tutti i sensi, a cui alludiamo ironicamente. Vedete, imbarazza anche me scriverne, infatti ho espresso l’idea con giri di parole, ma vi assicuro che correrò subito ai ripari 😉
Leggetevi questo interessante brano tratto dal libro Filosofi a Luci Rosse di Pietro Emanuele:
<< Ma è tollerabile che un filosofo si dia al turpiloquio? Rosenkranz si giustifica portando il precedente di Lessing. Questi considerava il linguaggio casto un’ipocrisia, come quella dei professori di latino che fanno studiare ai ragazzi Ovidio omettendone i brani osceni, che forse loro stessi non capiscono. E Rosenkranz conclude la prefazione della sua Estetica citando un’impertinente quartina di Lessing: “Non scrivo per bambinetti / che tutti fieri vanno a scuola / con in mano quell’Ovidio / che i loro maestri non comprendono“. Era uno stile del tutto inconsueto per un secolo puritano come l’Ottocento. Rosenkranz ne odiava il linguaggio: lo considerava disinfettato col cloro e adatto solo, sono parole sue, a delle vecchie signore. Per lui era assurdo fare della decenza il criterio con cui parlare della natura o dell’arte. Una fisiologia che non dica nulla dell’apparato genitale e delle funzioni sessuali è, per lui, fuorviante, perchè produce una letteratura falsa basata “su florilegi tradizionali scelti in modo unilaterale”. La natura, nota Rosenkranz , non conosce la decenza >>.
CONTINUA…
Filed under: decrescita | Tagged: abitudini culturali, colpa, controllo, coscienze, ecclesiastici, educazione, elfi, essere, Estetica, Filosofi a luci rosse, Foucoult, genitali, Lessing, linguaggio, natura, nudità, Occidente, Ovidio, Pietro Emanuele, potere, poteri politici, pubblicamente, pudore, Rosenkranz, rutti, scoregge, seni, sporche, storia, strumentalizzato, svergognati, vergogna | 4 Comments »