Eventi domenica 22 febbraio ’09: Con lei sarò Franco e Mercatino del Baratto

DOMENICA 22 FEBBRAIO CARNEVAL-BARATTO al parco 2 giugno presso ludoteca dalle 10:00 all’1:00

Porta I tuoi libri, cd, dvd, giornalini, giocattoli, vestiti, elettrodomestici e tutto ciò che vuoi e   scambia con ciò che desideri: E’ gratis!

 

Locandina: baratto_22_feb_0912 

Sempre DOMENICA 22 FEBBRAIO:

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Secondo bookcrossing e seminario sulla decrescita

LUNEDI 16 FEBBRAIO SECONDO BOOKCROSSING AL PELLICANO via Quarto Bari dalle 21:00

 

DECRESCITA:

 Dottorato di Ricerca in

 Filosofie e Teorie Sociali Contemporanee

Seminari di Scienze Politiche

Conferenza di:

Serge Latouche

(Professore emerito, Università di Parigi XI)

Osare la decrescita

Saluti:

Prof. Corrado Petrocelli Prof. Luigi Masella

Prof.ssa Franca Papa

Coordinatrice Dottorato in Filosofie e Teorie Sociali Contemporanee

 

Rettore dell’Università degli Studi di Bari

 

Direttore del Dipartimento di Scienze Storiche e Sociali

Conclusioni:

Prof. Franco Cassano

 Ordinario di Sociologia dei Processi Culturali

SABATO 14 FEBBRAIO 2009, ORE 9:30

Salone degli Affreschi

Palazzo Ateneo

Università degli Studi di Bari

 

Eluana Englaro deve vivere (anche se purtroppo la faranno morire)

In questi due giorni dall’ultimo articolo scritto, non ho potuto fare a meno di riflettere ulteriormente del caso Eluana Englaro. Ho sostenuto, infatti, che il vero cristiano non ha un attaccamento alla vita terrena, questo lo confermo ancora, ma riguardo al delicato scarto fra la morte causata e la morte personalmente decisa da sè (caso Welbi), credo di aver fatto un errore. Lo scarto è fondamentale, ma soprattutto è delicatamente importante, per la questione, comprendere se sia giusto che siamo noi a dover decidere e disporre della vita di un altro: io credo di no, per tante ragioni. Chi, a favore della morte di Eluana, considera il testamento biologico, come il padre, credo che tale testamento non faccia testo. Ora, la ragione di ciò è nel fatto che noi quando siamo ancora nelle nostre piene facoltà non solo decisionali, ma anche sensorio-motorie, è normale che l’idea dell’immobilità, della non vitalità, ci è assolutamente impensabile: ci fa orrore. Ma lo stato vegetativo è comunque uno stato vitale, se non si considera questo vuol dire che non si ritiene vivente anche la vita di una pianta qualsiasi. La vegetatività non è un buon motivo per considerare, chi è in quello stato, non vivente, ma altre ragioni, più tecnico-scientifiche, mi fanno sostenere la non giustezza della morte provocata ad Eluana Englaro. Chi ci fa crede che in quello stato la coscienza sia  inesistente? Dal punto di vista di alcune teorie all’avanguardia con le neuroscienze, Eluana starebbe come in un continuo stato di sonno, come se fosse addormentata. Quando noi dormiamo possiamo continuare a percepire sensazioni esterne, come il dolore provocato da una nostra posizione scorretta, anche di tipo uditive: questo è ciò che la scienza attuale e l’esperienza ci dicono. Lo stato di assenza locomotoria del corpo non implica necessariamente, quindi, l’assenza delle percezioni. Eluana, lo ripetiamo, è come se stesse dormendo. L’elettroencefalogramma le riconosce attività vitale, il corpo di Eluana potrebbe addirittura permetterle di diventare madre. Almodovar trasse una parte di un suo film su questa possibilità. Voglio chiarire che quello che ho scritto nel post precedente, lo confermo:

Se mi si dovesse controbattere sul fatto che è Dio a disporre della vita e della morte, per contro sosterrei, come Hume, che anche la morte causata è parte della possibilità consapevole di Dio che registra un evento.

Se Eluana Englaro dovessero lasciarla morire (come sta già accadendo), non verrebbe perso nulla di lei, ma noi, da questa parte, non abbiamo quel diritto di decidere del suo stato da un punto di vista, come il nostro, che è quello puramente di vivente in attività, completamente diverso dal suo, perchè il nostro pone la coscienza in una condizione altra dove l’assetto di sistema-organizzazione è di un altro tipo. Qui si consuma l’errore, in primis, dell’opinione pubblica, condizionata da una disinformazione dovuta dall’incompetenza tecnica dei giornalisti, ma soprattutto, tramite l’errore più grande commesso dal padre di Eluana, si mette parola in una questione bioeticamente delicata. Il padre di Eluana non avrebbe mai dovuto dare alla magistratura il compito di procedere e decidere per qualcosa di cui non ha competenza tecnica. In mano alla magistratura il caso infatti è diventato di dominio politico e poi, molto probabilmente, è diventato la scusa del governo per cambiare la costituzione a proprio piacimento. Ma adesso non è questo il discorso in questione. Il padre di Eluana, semplicemente e comprensibilemnte, stanco emotivamente della condizione della figlia in quello stato, vissuto dal suo (nostro) punto di vista diverso, non regge più il peso dell’idea di quella condizione. Scrivo idea perchè è lei ad essere in quella condizione e non lui, i soggetti sono chiaramente distinti. Ci chiediamo se sia giusto che la naturale e vitale incapacità (nel senso buono e umano del termine) del padre di Eluana, che non regge più l’idea della figlia che è da anni in quello stato, possa permettere sia a lui, sia ad altri soggetti chiamati in causa, di toglierle i bisogni primari alla figlia per la sopravvivenza? Praticamente Eluana morirebbe di fame e di sete, ma non potrà mai lamentarsi per questo.

Una riflessione di un mio caro amico mi ha ricordato che, anche se noi cristiani crediamo e concepiamo la vita della coscienza, superiore a quella corporea, comunque, per un cristiano, la coscienza passa attraverso la materialità, qualsiasi tipo di materialità sia. Noi, condannando Eluana a morire di stenti, ci considereremmo presuntiosi di sapere che l’unica materilità possibile sia quella dello stato di veglia di un corpo, contraddicendo così la scienza stessa che riconosce lo stato di sonno (con ciò che ne consegue), ma anche tutti i tipi di moralità che la ragione vorrebbe sostenere in modo autoreferenziale. Non credendo nella sopravvivenza della coscienza al corpo, tanto più si vuole condannare una persona a scomparire con la scusa di un’ipotetica sofferenza della persona in questione.

In sostanza, questo caso non avrebbe mai dovuto assumere dominio pubblico e tantomeno politico, è un caso di bioetica: l’errore è stato fatto alla radice, umanamente, dal padre.

Sulla morte-suicidio-eutanasia (dal caso Eluana)

Nel gruppo che ho creato su facebook: CREDENTI UNIVERSALI, ovvero chi si sente credente in Dio senza però condividere gli estremismi della chiesa, ho aperto una piccola discussuione dal nome << Il cuore di Eluana >> con una osservazione che riporto qui:

Da credente non so se sia giusto mettere fine alla vita terrena di Eluana, la questione è complessa anche dal punto di vista teologico, ma da cittadina so bene che l’ingerenza del vaticano sia nella magistratura sia nello Stato (per ragioni di interesse politico) è un’offesa ai cittadini, allo Stato e, paradossalmente, a Dio. Dio ha amoto l’uomo fino al punto da lasciargli la triste libertà di ignorarLo, di non riconoscerlo: non lasciare la libertà di scelta all’uomo è un’offesa alla libertà lasciata da Dio all’uomo.

Questo breve commento è più o meno la sintesi di un mio pensiero condiviso con la riflessione del folosofo inglese Hume che affrontò la questione del suicidio dal punto di vista religioso. Con Eluana la questione è l’eutanasia che, però, non vedo discostarsi molto dal suicidio, anche se per l’eutanasia non si parla di una morte cercata, al momento, dal soggetto in questione. Vi voglio riportare un brano provocatorio di Hume che può essere accettato da un punto di vista laico, ma completato paradossalmente dal punto di vista religioso:

Che cosa significa dunque l’opinione che un uomo, il quale, stanco della vita e perseguitato dai dolori e dalle miserie, vinca coraggiosamente i terrori naturali della morte ed esca da questa scena crudele; che tale uomo, dico, incorra nell’indignazione del Creatore per aver violato l’opera della provvidenza e turbato l’ordine dell’universo? Affermare questo è affermare il falso; la vita degli uomini è soggetta alle stesse leggi cui è soggetta la vita di tutti gli altri animali; e tutte queste esistenze sono soggette alle leggi generali della natura e del moto.[…] Per l’universo la vita di un uomo non è più importante di quella di un’ostrica. E se anche fosse molto importante, l’ordine della natura umana l’ha sottoposta alla prudenza umana, e ci costringe a prendere decisioni in ogni circostanza.

(D. Hume, Sul suicidio, in Opere, a cura di E. Lecaldano, Laterza, Roma-Bari, 1987, vol. III, p. 588-590)

Chi è di fede cristiana sa bene che davanti a Dio nulla è perduto, nemmeno un capello. Ora, quel che mi stupisce è l’accanimento della chiesa, al di là della sua inopportuna ingerenza nelle questioni di Stato, portato verso una difesa estrema della vita terrena. Noi che crediamo nella sopravvivenza dello spirito-coscienza rispetto al corpo non comprendiamo l’atteggiamento di attaccamento a questo che sta avendo il vaticano. I morti a noi cari per noi sono ancora vivi, non sono scomparsi, solo che la vita si è trasformata in un’altra forma, la forma che solo il Cristo della Resurrezione conosce il mistero. Ci chiediamo se questo atteggiamento ecclesiastico non sia anticristiano di principio. La ragione di questa domanda è nel fatto che siamo consapevoli che lo spirito ha più importanza della vita materiale, oltre al fatto che la morte terrena è parte del gioco della vita. Se mi si dovesse controbattere sul fatto che è Dio a disporre della vita e della morte, per contro sosterrei, come Hume, che anche la morte causata è parte della possibilità consapevole di Dio che registra un evento. Il cristiano sa bene che Dio e il rapporto che si instaura con Egli è una rapporto di fede terrena: Dio non è chissà dove e soprattutto non ci manovra come burattini, ma è qua, nell’immanente vita terrena che registra e segue ogni passo di ogni libera scelta di un individuo. Il Dio cristiano è in antitesi col mondano.

Bookcrossing

A Bari, gli appuntamenti di bookcrossing che vanno dal 2 febbraio al 2 marzo ’09, si svolgono ogni 15 giorni dalla data di inizio.

lunedì 2 febbraio 2009 alle ore 21.00
Fine: lunedì 2 marzo 2009 alle ore 21.00
Luogo: PELLICANO
Indirizzo: via QUARTO  10

Città/Paese: Bari, Italy

LA PRIMA OCCASIONE DI BOOKCROSSING A BARI (l’opportunità di scambiarsi libri e idee sul già letto e da leggere e consigli vari)

Cos’è il bookcrossing

Il sito per registrare il proprio libro bookcrossing: http://www.bookcrossing-italy.com/index.php 

Il forum del bookcrossing d’Italia: http://forum.bookcrossing-italy.com/ 

Il bookcrossing serve soprattutto per promuovere le relazioni interpersonali assieme agli interessi culturali. Sappiamo tutti che un libro non è solo un oggetto, ma anche una storia, la nostra storia e questa può essere l’opportunità di stringere relazioni più umane. 

Sul banner del libro (preso al bookcrossing del 2 febbraio ’09) potete cliccare e accedere alla mia libreria, ancora in costruzione, di anobii.

Fuori dal tunnel…

Oggi sono di buon umore anche se è cattivo tempo. Ieri sera ho passato una piacevole serata con amici e sto pian piano scoprendo il piacere di una nuova amicizia con una ragazza con cui mi trovo a mio agio a conversare. Trovare affinità, di questi tempi, non è facile visto la segatura che molti giovani e miei coetanei hanno in testa per via dei modelli sociali che la società dei consumi, come la nostra, inculca subdolamente e forse nenche tanto.

Spesso mi chiedo come la frase di una canzone di Nicolò Fabi: se è un obbligo invecchiare. Ho trent’anni e sinceramente non me li sento e molti considerano francamente che non li dimostro, io personalmente mi sento molto giovane solo con più coscienza o maturità. Soffro di meno rispetto al passato anche se certi casini non sono passati, durante l’adolescenza si è sempre scovolti, quella è davvero un’età difficile. Ma adesso mi sento meglio con me stessa. Ho fatto delle scelte, che più che scelte le definirei consapevolezze. Voglio lentamente e consapevolmente, per quanto mi sarà possibile, avvicinarmi all’idea di decrescita, anzi, non all’idea, un’idea è solo un’idea, ma vivere in un certo modo rendendo i valori della decrescita il mio stile di vita. L’eccesso, il consumo smodato sono in realtà, molto prima che la cultura della decrescita felice iniziasse a diffondersi, qualcosa che non ho mai nè condiviso, nè in realtà capito. La Valle degli Elfi ha come risvegliato quella scintilla che stavo facendo spegnere. Non ha senso per me l’obblico quasi sonnambolico di spendere i propri soldi “forzatamente” il sabato sera o venerdì, quale sia, in locali dispendiosi, trovo molto più piacevole riuscire a trovare qualcuno con cui conversare anche senza quell’idea quasi ossesionante del divertimento forzato. Questo mi ricorda una canzone di Caparezza. Insomma, niente più soggezione davanti al mondo o, per meglio dire, davanti alla società mondana, trovo bello e, soprattutto, di alto livello spirituale,  l’idea della consapevolezza che sia giusto anche indossare vestiti usati, che ovviamente ti stanno bene. Adesso non voglio fare il manifesto della decrescita o del benessere interno lordo, ci sono già gli appositi siti fra i link che ho inserito nel blog, ma credo sempre di più che qualcosa, quando la si è vissuta come esperienza dell’io e, quindi, come stile di vita (fin dove è possibile per la propria condizione), la si è dvvero fatta propria quando si è al punto di non essere in soggezione col mondo e, addirittura, promuovendo tramite la propria testimonianza, senza vergogna, quel che si è, quel che si vive. Spesso noi proviamo imbarazzo per quel che siamo naturalmente. Vi siete mai chiesti se chi vi è intorno, chi frequentate, sia se stesso? Un mio amico mi disse una volta: è normale, in fondo, chi è se stesso con le proprie particolarità, con le proprie differenze. Questa, adesso, è l’unica idea di normalità che la specie umana può permettersi perchè anche le pietre, o forse solo le pietre, lo sanno che la normalità non esiste, è solo una categoria astratta e quindi convenzionale.

Essere oggi trentenni, ma sentirsi adolescenti più maturi e meno ossesionati dall’idea di consumo-divertimento è davvero una sensazione piacevole. Anche il pensiero del lavoro lo vivo diversamnte; essere se stessi, quindi, viversi nella propria diversità di stile di vita, per me non significa non voler fare un cazzo o, ancor peggio, lavorare senza produrre, questo è furto, è mancanza di rispetto per chi un lavoro ti ha dato e per chi rischia nel proprio lavoro. Ma dare onestamente e, possibilmente, se sei fortunato, ricevere altrettanto onestamente, sarebbe davvero una condizione di benessere sociale e psichico per tutti. Sarà forse anche questa una buona condizione di felicità.

Spero che qualche puritano non si infastidisca di questa mia quasi dichiarazione di intenti o, se vogliamo definirla diversamente, confessione. Nella mia casa, il mio raggio d’azione, gli amici autentici saranno sempre i benvenuti.