Pochi giorni fa mi è capitato di vedere la trasmissione del noto giornalista Bruno Vespa trasmessa in seconda serata, l’argomento trattato, in quella occasione, riguardava l’idea di considerare l’omosessualità una malattia o meno. Il dibattito fra i conservatori e i progressisti ovviamente è stato acceso. I conservatori sembra che considerino il comportamento omosessuale derivante da un disordine di natura psicologica, visione, questa, ovviamente e energicamente respinta dai progressisti che sostengono la naturalezza, in fondo ontologica ed evoluzionistica, dell’orientamento sessuale omosessuale. E’ da premettere che l’O.M.S (organizzazione mondiale della sanità) ha ufficialmente dichiarato che l’omosessualità non è una malattia, di conseguenza è qualcosa che non è sottoponibile a una cura. Ma la lettura di un brano da parte di Vespa ha quasi posto un dubbio riguardo alla dichiarazione dell’O.M.S. . In realtà, l’O.M.S. definisce malattia, o deviazione, l’omosessualità solo quando un orientamento sessuale, in fondo se riflettiamo anche eterosessuale, è sintomo di un disturbo psichico di altra natura. Tento qui una spiegazione per non incorrere in fraintendimenti o equivoci.
Se un atteggiamento sessuale non regolare è il frutto di un disturbo di base derivante ad esempio da un pessimo rapporto con i genitori, questo atteggiamento sarebbe, formalmente, da considerare malattia (anche se ammettiamo che è un termine brutale), ora, in base a questo discorso, qualsiasi atteggiamento morboso, quindi non tendenzialmente regolare, è identificabile come frutto di un disturbo anche lieve. La difficoltà della diagnosi sembra proprio nell’individuare la differenza di un’omosessualità naturale da un’omosessualità che invece si presenta come uno sbocco di un problema presente in origine, di quest’ultimo caso infatti la canzone di Povia ne è l’esempio lampante. Per essere più chiari, la natura psicologica della nostra specie, ovvero la coscienza umana essendo complessa, appunto, per sua intrinseca natura, può far emergere un problema o un disagio, lieve o grave, in svariati modi: c’è chi ad esempio ha difficoltà di adattamento ad uno stile di vita e l’insofferenza la può esprimere con gli attacchi di panico, c’è chi ha altri tipi di cause di problemi che li può esprimere con l’anoressia ecc.; la psiche istituisce forme diversificate per esprimere, oltre a un disturbo, anche semplici disagi. Ora, essendo stata la canzone di Povia la causa scatenante del dibattito, sembra, quella del povero Luca, non una guarigione da una malattia, ma una ripresa da un disturbo che non era chiaramente la sua temporanea omosessualità, bensì l’ombra della madre nel rapporto con le altre donne. L’omosessualità, in quel contesto, era solo una via che il vero disagio originario aveva, per dir così, preso a prestito, per esprimersi in una forma specifica. Un altro esempio che posso proporre può essere la smodatezza nell’alimentazione o nel mangiare smodatamente un tipo specifico di alimento, tale smodatezza può essere fraintesa con la golosità, ora, molte persone possono risultare golose, ma di certo non tutte possono essere considerate smodate nell’alimentazione o addirittura bulimiche. La smodatezza va riconosciuta solo come tale, la golosità invece è di altra natura, è solo una propensione, è solo una maggiore preferenza naturale verso un tipo di alimento o di alimentazione. Considerare, dunque, l’omosessualità una malattia sarebbe come considerare la golosità in sé una malattia, ma noi tutti sappiamo che la semplice golosità è solo una tendenza naturale che qualche soggetto può costituire, è chiaro da ciò che se diventasse morbosa inizierebbe a insorgere la questione che non sarebbe in fondo derivante da un aumento di grado della golosità, bensì da un problema di altra natura. Uno psicoterapeuta degno di questo nome, sa bene ad esempio che un bulimico non lo si aiuta semplicemente e banalmente dicendogli di mangiare meno, ma sa invece che l’azione smodata dell’alimentazione bulimica spesso ha un’origine di natura diversa dalla sola causa alimentare e che la bulimia è solo l’effetto reale attualizzato di quell’origine coopresente. Ripeto, come vi possono essere espressioni di problemi inconsci nella sessualità ad esempio la pseudo-omosessualità e la pseudo-eterosessualità, si possono verificare espressioni di problemi nella sfera alimentare, sociale, caratteriale ecc. . A seconda di come un soggetto è, un problema di fondo lo si può esprimere nelle forme più svariate e, infatti, lo psicoterapeuta serio si distingue dalla capacità di saper individuare un modo d’essere o di fare, procurante al soggetto un consapevole o inconscio disagio, non coincidente con l’essere autentico del soggetto stesso. Su questa base ha più fondatezza la posizione dei movimenti gay che constatano le realtà di molti soggetti effettivamente omosessuali, ma che, per abitudine culturale, si trovano a vivere una vita eterosessuale, sia da sposati anche con figli, sia da fidanzati. A questo punto gli psicoterapeuti seri dovrebbero lavorare nella società sia per aiutare gli omosessuali che indossano erroneamente l’abito culturale dell’eterosessualità e che, per tale ragione, presentano dei disagi, quindi a superare la mancanza di coincidenza della loro natura sessuale omosessuale con l’abito culturale adeguato, sia, a loro volta, aiutando chi indossa l’abito culturale dell’omosessualità impropriamente, nei casi in cui l’omosessualità stessa si verifica come espressione di un disagio di altra natura non coincidente con la propria natura eterosessuale. La coincidenza del soggetto con quel che è e con quel che appare e, quindi, il benessere psichico del soggetto stesso, deve essere l’unica attenzione e preoccupazione dello psicoterapeuta, altri arbitrii ideologici sono forzature antiscientiste professionalmente scorrette e moralmente riprovevoli.
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