Dire-fare le cose “sporche” pubblicamente: rutti e scoregge liberi, genitali senza vergogna (SECONDA PARTE)

<< … Come mai il pittore olandese Paulus Potter ha potuto dipingere, senza suscitare scandalo, una mucca che urina? Perchè la mucca è un animale, e quel che è lecito a un ruminante non è lecito a Giove, quod licet bovi, non licet Jovi. Ma perchè allora non deve essere lecito anche parlarne col linguaggio appropriato, parlare cioè di una mucca che “piscia”? Il linguaggio che si adopera parlando degli animali può paragonarsi a quello che si usa coi bambini. In questo Rosenkranz è d’accordo con quel che dirà, qualche decennio dopo, lo psicanalista Georg Groddeck: coi bambini “parliamo senza problemi di pipì e pupù, di culetto e di pisellino, mentre tra adulti dobbiamo fare gli adulti e dire defecare, urinare, deretano e via discorrendo. Ci diamo delle arie, nient’altro” (Il libro dell’Es, cap. XV). Perchè dunque “la mucca che piscia” non deve offenderci? Perchè l’animale, a differenza dell’uomo, non si vergogna dei suoi bisogni. Ovviamente ciò non significa che la cosa debba di per sè avere un valore estetico: “Confessiamo che potremmo ben fare a meno del pisciare della mucca che da esso non ci viene nessuna soddisfazione estetica. E tuttavia non possiamo imporre all’animale il metro di misura dell’uomo” (Estetica del brutto, III, A).  […] Già Aristotele, nell’Etica nicomachea, riteneva che non fosse una virtù (1128b). Difatti non v’è alcun merito nel dispiacersi di qualcosa che di per sè non sia turpe. Ancor più esplicito è stato, ai giorni nostri, Tinto Brass, regista notoriamente spregiudicato: il pudore, ha affermato spudoratamente, è “la virtù delle donne senza poppe e degli uomini senza pippo” >>. (Filosofi a Luci Rosse, Pietro Emanuele, ed. Tea 2008)

Il “turpiloquio”, nel linguaggio che adoperiamo ogni giorno, è, nei limiti dell’insulto o dell’offesa, una falsa volgarità. Pisciare, cagare, vomitare, masturbazione sono termini che ci scandalizzano, ma che in realtà richiamano ad un essere  e ad un fare naturale. Siamo arrivati a vergognarci delle cose della natura, abbiamo creato, nel linguaggio, sovrastrutture eufemistiche perchè la natura è fonte di imbarazzo. E’ vero che, come diceva Kant, ogni pensiero e opinione e giudizio, ma non per questo dobbiamo giudicare o pregiudicare la natura per come ci ha fatti e per le funzioni che ci ha dato. Gli antichi, che avevano un linguaggio originario, chiamavano le cose per quello che erano, la parola coincideva con la cosa a cui facevano riferimento. La cosa era detta in un certo modo perchè era quella, semplicemente era così com’era.

State attenti quando mi incontrate hi hi hi hi che rischio di chiamarvi per nome eh eh eh eh, scherzo 😉