La memoria è ballerina o giocherellona come in fondo ci insegnano un Proust e soprattutto un Bergson. Ed io, come ho scritto nel post precedente, ho bisogno di ricordare per vivere e viceversa. Scrivo con fatica, si comprende che la mia scrittura sul blog, riguardo agli Elfi, è preceduta da quella con pugno. Un dolore, da qualche giorno, mi ha preso il polso e arriva fino al gomito (sarà la vecchia lussazione) e questo implica la difficoltà di impugnare anche la penna. Ma ho deciso di scrivere lo stesso, ho deciso di ricordare.
Giusto per rendere la cosa quasi come un gossip, tanto per riderci su, dagli Elfi sono aumentata di peso di quasi 3 kg. e gli indumenti, vi assicuro, ne hanno risentito. Ma, sempre per il gossip, sto già ricorrendo ai ripari, almeno ci sto provando :-p Avevo come la sensazione che in quelle condizioni se mangiavi una volta, la volta successiva potevi trovarti a non avere il tuo pasto. Mi sbagliavo, bastava solo sapersi adattare e qualcosa per te usciva sempre. La semplicità nel sapersi adattare ti riempie il cuore non solo lo stomaco. I momenti del pranzo e della cena erano i momenti conviviali di particolare socializzazione e a volte anche di allegria. Particolarmente la cena si presenta come un momento di scoperta e di dialogo, sarà che è la fine della giornata e quindi si è un po’ più stanchi, sarà che non c’è più luce e ci si raccoglie nei luoghi più illuminati e vi assicuro che questo viene di istinto quando sei circondato da un fitto bosco, ma la cena è il momento che preferisco. Il bello e la singolarità delle comunità elfiche è che, questi villaggi, sono come delle navi che navigano rimanendo immobili, oppure dei semplici porti dove vi sbarca chiunque. Avete mai provato quasi una naturale timidezza da primo impatto? Ovvero, intendo quando in un gruppo c’è una persona nuova che ovviamente non conosci, si ha la sensazione, leggera o forte a seconda di come si è, di un sottile imbarazzo perchè comunque è un altro universo da scoprire e con cui ti trovi a comunicare. Dopo, è chiaro, si supera questo primo momento, questa prima sensazione e si è più tranquilli. Nelle comunità elfiche questo impatto, chiamiamolo così, è continuamente messo alla prova, quasi ogni giorno approda nel villaggio una persona nuova e questo significa idee diverse, abitudini diverse, carattere diverso, vissuto diverso, per farla breve: è un altro universo con cui ti ci trovi all’improvviso a prendere contatti. Le prime volte ci sono sempre quelle sensazioni di imbarazzo o timidezza, ma poi quando quasi ogni giorno ti trovi gente nuova con cui mangiare, allora quell’universo che è li con te, nella tua stessa situazione, pian piano, anche nel giro di pochi minuti, non è più estraneo a te, ma si apre uno squarcio, si dischiude un ponte e si inizia a comunicare, ed è qui che arriva il bello! la comunicazione è priva di formalità e convenzioni, c’è una libertà di essere nel contesto elfico che arrivava quasi a commuovermi e, grazie a ciò, quell’altro universo non è più straniero. Il bello è che il rapporto non è ingessato in un ruolo o in uno status, l’altro è lì come te, nella difficoltà della vita di montagna, e già solo per questo è uguale a te. Ci si raccontava di tutto, ogni sera c’era la possibilità di ascoltare una vita e un’esperienza diversa, ma soprattutto i personaggi che passono nei villaggi elfici sono sempre persone singolari: dalla scrittrice di romanzi, alla studiosa di erbe medicinali, dal piccolo commerciante, all’impiegato statale, fino al “senza tetto” o all’ex tossico. Hai quasi la sensazione che il mondo passi da te ed è, ad ogni suo passaggio, lì pronto a raccontarti la sua storia. Ci sono anche i personaggi della sera, quelli che accolti una sera, ti raccontano la loro vita, i loro pensieri e le loro idee, ma che al mattino, una volta svegli, non li trovi più, come una nuvola di fumo sono già andati via con la loro storia, i loro pensieri e le loro idee.
Hai conosciuto un altro universo, hai creato all’istante il tuo rapporto e questa capacità forse la porterai con te anche quando sarai via e senza che tu ti sia accorto hai imparato a vivere meglio il primo impatto col nuovo arrivato, un impatto meno imbarazzato, meno distante, meno estraneo: “lo straniero” è diventato meno straniero.
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